Colpo di Testa – Il nuovo album della Four on Six Band

Si intitola Colpo di Testa ed è il secondo album dell’ ensamble milanese Four on Six, pubblicato per la label Irma Records. Abbiamo intervistato Fausto Savatteri, chitarra manouche della formazione.

Colpo di Testa
Colpo di Testa

Domanda di rito, ci racconti il titolo dell’album?

Il concetto di “Colpo di Testa” inteso come cambio direzionale e controcorrente era un qualcosa che ci accomunava molto, specie durante la fase di composizione dei brani. Tra figli in arrivo, licenziamenti dal posto fisso, nuove collaborazioni e brani originali (non i soliti standard manouche) ritenevamo fosse il titolo giusto. L’illustrazione grafica dell’album con Django che si taglia il baffo (icona dei manouchari sfegatati) un modo per provare ad esprimerne il concetto.

L’ eleganza di Rossini. Un pomeriggio a Belleville, seduti ad un bistrot parlando di una notte greca. Un colpo di testa purista, squisitamente gitano. Un salto in brasile ed uno in America. Un giro intorno al mondo in chiave manouche? Si, sperando che per l’ascoltatore sia un giro del mondo piacevole e non faticoso! L’omaggio a Rossini vuole essere un tributo alla tradizione classica in
occasione del 150°anniversario dalla sua morte, le composizioni sono nate in momenti e luoghi diversi creando dunque sonorità e ritmi non per forza uniformi.

La commistione di generi differenti ha a che vedere con le influenze musicali dei
singoli componenti della band o è una scelta stilistica?

Direi entrambe, ciascuno di noi ha avuto esperienze diverse, ciascuno di noi ha gusti musicali diversi ma quando suoniamo insieme proviamo a trovare un punto comune, proviamo a influenzarci a vicenda.

Quanto c’è delle influenze classiche del gipsy jazz nelle vostre composizioni e negli arrangiamenti? L’eredità di Django è ancora viva nel manouche contemporaneo?

Django rappresenta una fonte di ispirazione quotidiana per la capacità e semplicità con cui ha saputo essere virtuoso e melodico allo stesso tempo. Non da meno l’Italia con le melodie cantate che tutti ci invidiano, la musica classica o i grandi maestri contemporanei, come per esempio Nino Rota. Quando suoniamo soprattutto all’estero, ed in francia, non vogliamo copiare le tradizioni, piuttosto portare un po’ di noi stessi, la nostra italianità ed il nostro essere al centro del
mediterraneo.

Da qualche anno quasi tutti i più importanti jazz festival europei dedicano almeno un appuntamento della programmazione al concerto manouche. Secondo voi la risalita in auge di questo particolare genere jazzistico è un fenomeno del momento o si sta consolidando una reale sensibilità destinata a durare nel tempo?

Forse bisogna dire grazie all’eletcro swing, oggi un po’ fuori moda, ed un domani ci sarà l’autotune con il mix di manouche e Trap!

A parte gli scherzi facendo rock da ragazzino il noise e l’indie rock erano meno orecchiabili dello swing. Il jazz manouche mette d’accordo tutti, anche i meno colti; dubito possa riempire gli stadi ma rimane sempre un genere di nicchia che si è fatto spazio nel mondo del jazz fatto solo di BeBop alla Parker o fusion.

Di musicisti ed ex metallari passati al manouche ce ne sono molti (qualcuno anche dalla fusion), le formazioni sono spesso in Trio formate da due chitarre e contrabbasso. Di gruppi con strumenti solisti come fiati, violino ce ne sono molti meno, si fa ancora fatica a trovare violinisti jazz o appassionati al genere.

A mio modesto avviso quasi nessuno riesce a suonare davvero in stile, seppur vi sia la tendenza di emulare troppo i veri Maestri come Bireli, Stochelo, Schmitt ecc. che sono cresciuti facendo solo quello. Ma emulare non è un grosso problema, il punto è che in pochissimi mettono in scena uno spettacolo coinvolgente. Io stesso sono il primo ad annoiarmi se vado a vedere un concerto manouche fatto di soli standard alla Django, scambi e assoli…salire sul palco non dovrebbe essere lo stesso di fare una jam session a Samois.

Per i neofiti il ritmo incalzante fa si che possa comunque essere più apprezzato rispetto a un concerto di sole ballad jazz. Penso che i Les Doigts de l’Homme, per me uno dei gruppi di maggiore riferimento, siano gli unici capaci di stravolgere il genere e creare qualcosa di nuovo.

Progetti futuri?

Dicembre è alle porte e saremo impegnati con il nostro primo tour asiatico tra Corea del Sud e Giappone! vedremo cosa accadrà, vedremo se io e Matteo, il contrabbassista, entreremo nel letto per intero. Nel 2019 sarebbe bello proseguire sul cammino intrapreso quest’anno… portare in giro la nostra musica e il nostro spettacolo dal vivo in festival e luoghi in cui la gente va per ascoltare la musica , che di questi tempi non è cosa da poco.

Un album interessante, una fresca ironia che niente toglie alla composizione, curatissima negli arrangiamenti. Gipsy jazz che arriva, immediato, a tutti gli ascoltatori e non solo agli amanti del genere, uno stile davvero personale, un piacevole e assolutamente consigliato ascolto.


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