Se dovessimo indicare una frase, o un brano per i quali è ricordato John Coltrane, possono saltare in mente un interessante elenco di elementi, uno fra questi sarebbe certamente “Giant Steps”.
Esso è il titolo di un brano, ma anche il nome dell’omonimo disco, che ha avuto molteplici significati per il sassofonista, sia di grandi passi umani che musicali fatti in quegli anni.
Siamo alla fine degli anni ’50, dopo le esperienze con numerosi grandi del Jazz quali Miles Davis e Thelonious Monk. John Coltrane, con “Giant Steps”, afferma pesantemente e fortemente la sua presenza, la sua alta statura musicale e tecnica, divenendo da quel momento un punto di riferimento vero e proprio.
“Giant Steps” è, ancora oggigiorno, al centro di analisi e studi di tutti i musicisti. All’epoca della prima registrazione rappresentò quasi un problema (si ascolti infatti il solo di piano che, nonostante annoverasse un grandioso Tommy Flanagan, risulta essere zoppicante). “Giant Steps” è un brano che ha appassionato e appassiona con gran fermento e senso di sfida.
Il disco è un compendio di ciò che Coltrane ha maturato negli anni ’50. Gli incontri, dei quali abbiamo ampiamente parlato, furono molto formativi, a volte duri e a volte illuminanti. Attraverso essi, il sassofonista poté maturare e approfondire la propria vena artistica, soprattutto in relazione a una nuova concezione, quella modale, che si stava affermando e che si affermerà negli anni ’60, stravolgendo il Jazz.
Giant Steps
“Giant Steps” è un brano formato da un tema tutto sommato semplice, ma che conserva in sé una complessità sul piano armonico e improvvisativo che si sviluppa su 16 battute, principalmente nelle prime 8. I cosidetti “Coltrane’s Changes”, ovvero gli “accordi di Coltrane”, sono presentati in queste prime 8 battute, e sono dei veri e propri salti armonici nati da una suddivisione a seste minori su 2 ottave. Il brano si apre con Bmaj, per passare a Gmaj per passare a Ebmaj e ricominciare poi da Bmaj.
Questa suddivisione, intrisa anche di misticismo e numerologia, rappresenta una forte innovazione, che Coltrane riuscì a trasportare e a sovrapporre a una quantità considerevole di brani, anche di standard. Ricordiamo infatti che di lì a poco, cioè dal 1959 in poi, nei dischi firmati da Coltrane, troveremo spesso questa progressione armonica.
Nondimeno, se la complessità armonica non fosse abbastanza, la versione scelta per aprire l’omonimo disco, è su un tempo fast, sui 300 bpm. Questo chiaramente complica il compito di chi si approccia a questa successione per le prime volte o lo fa con troppa sicurezza, cadendo rovinosamente.
“Giant Steps” non è solo un brano contenitore di alti livelli di tecnica, è anche una sfida, vinta da Coltrane a tutti gli effetti. Egli innova un genere con abilità e poesia, al di sopra di tutto e di tutti. Brani eccezionali, dal carattere molto diverso, sono presenti in “Giant Steps”: pensiamo a “Naima”, o a “Sprial”, per passare alla dedica di un blues minore “Mr. P.C.” – Mr. Paul Chambers”.
Una musica da aperitivo, da figo
Un brano e un disco da non perdere, da ricordare e da usare, per sfortuna o per fortuna, come nuovo metro di paragone. Una tappa obbligata per chi considera il jazz qualcosa in più di una “musica da apertivo, che fa figo”. Una vera e propria ricerca introspettiva, dove si palesa tutta la necessità di acuire ed esercitare tecnica e sensibilità. Qualità che Coltrane da questo momento in poi sfoggerà con maestria e abilità.
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