Home Feeling il nuovo album di Massimiliano Rolff

Ecco Home Feeling, il nuovo album di Massimiliano Rolff, prodotto da Rosario Moreno per BlueArt. Un album con bellissime nuances dalle atmosfere ed i toni caldi, che uniscono il jazz europeo alle note, sudamericane, di Hector Martignon al piano.

Massimiliano Rolff – Foto di Paolo Zeggio

Da dove viene home feeling? Ci parli del concept dell’album?

Negli ultimi due anni ho avuto la fortuna di viaggiare molto per questioni musicali.
Io la definisco una fortuna, poiché trovo che la dimensione del viaggio, per quanto spesso faticosa, avendo nel mio caso come destinazioni grandi e piccole città, riesca ad offrirmi sempre nuovi punti di vista, sulla gente e sulle loro abitudini, indicandomi con più chiarezza la direzione che la nostra società sta prendendo. Io suono per la gente, quindi questo aspetto non è per niente secondario. Il viaggio, nel mio caso, è un movimento circolare, ti porta lontano e ritorna a casa, al punto di partenza.

Questa sicurezza, ti permette in qualche modo di portarti dietro un po’ di casa… sapere di avere un luogo sicuro dove poter tornare, è diventato per me un elemento essenziale. Il luogo dove ho i miei affetti, e dove riesco a trovare me stesso insieme alla musica: la Liguria. Ecco quindi ‘Home Feeling’. Un album in cui cerco di raccontare questo nuovo sentimento di radicamento nella mia terra, una
sensazione nuova, che non provavo fino a poco tempo fa. Siccome credo che questa sia una buona novità per me, ho voluto raccontare tutto questo cercando di costruire un suono positivo, energico e allegro, colorato … mescolando elementi tipici del linguaggio jazzistico con i ritmi gioiosi della musica afro-cubana.

Ascoltando Home Feeling si ha come l’impressione di leggere un diario di bordo, dove sono appuntate riflessioni, spunti e visioni ricche di suggestioni. Quando hai capito che era il momento di trascrivere tutto in musica?

La scrittura per me è solo una parte del mio mondo musicale. Ho capito negli anni che esiste un momento in cui varco una certa soglia, scosto una tenda… e comincio a scrivere qualcosa di nuovo. A volte sto mesi senza neanche scrivere una nota, poi succede … in un giorno qualsiasi. Ma dopo quel giorno nulla è più come prima.

Inizia una specie di trambusto interiore. Da quel momento ogni giorno scrivo qualcosa, senza sapere ancora bene che forma e che direzione prenderà la musica, cerco di farla scorrere il più possibile senza alterarne la natura spontanea con sovrastrutture di genere e stili. Ogni idea musicale, se nasce facile e spontanea, pesca sicuramente in qualche sensazione vissuta, in qualche storia ascoltata, nel volto di qualche persona incontrata … perché poi alla fine, sì, succede che messa
bene in fila … una nota dopo l’altra, un brano dopo l’altro, la musica racconta uno stato d’animo, o quanto meno un pezzo di vita che ho vissuto.

C’è un interplay straordinario fra i membri della formazione, ci parli dell’incontro con i musicisti che hai scelto per questo disco?

Ho conosciuto Hector Martignon almeno una decina di anni fa, a Genova. Lui è colombiano e vive a New York, ma la sua mamma era genovese, quindi lui da buon figlio veniva a Genova spesso per stare un po’ con lei. Per molti anni ci siamo incontrati per parlare e bere insieme, piano piano come due amici, senza suonare. Poi irrimediabilmente è successo… qualche concerto e poi questo disco.

Mario Principato è un giovane percussionista genovese che ha trascorso molti periodi della sua vita a Cuba, un musicista molto colto nel suo settore, che affronta la musica con grande amore e passione.

Nicola Angelucci è invece stato mio compagno di numerosi tour e viaggi negli ultimi anni. Con lui ci si vede per suonare… non credo che abbiamo addirittura mai fatto una prova insieme… solo concerti. E’ sicuramente un batterista e un professionista straordinario, e ha il grande pregio che mi mette sempre di buon umore.

L’incontro di questa band è avvenuto direttamente in studio di registrazione. Beh … non sempre accade, è un po’ un rischio alle volte, ma quando tutto fa “click” e si incastra perfettamente, la freschezza del nuovo incontro, direttamente prima di registrare, in genere rende la musica più viva e radiosa.

Ritorni dall’America Latina, un tour in duo, con il chitarrista Alessio Menconi. Quali sono state le tue nuove suggestioni dopo aver “inciso” un viaggio in Sud America?

Abbiamo tenuto alcuni concerti in Argentina e Uruguay. I teatri e il pubblico sono stati meravigliosi, un’accoglienza davvero straordinaria. Sono stati dieci giorni intensi, in un luogo così lontano, ma di fatto molto vicino a noi italiani. Buenos Aires e Montevideo sono come una versione 2.0 delle città italiane … decadenti, allegre e disperate allo stesso tempo. Attraversare la pampa sotto la luce dei cieli del sud, è stato il momento più esotico di questo breve tour, dal quale, grazie alla musica, ho riportato con me a casa nuove amicizie e un gran senso di umanità.

Il jazz italiano è spesso aperto a contaminazioni sonore di culture musicali lontane
dalla nostra. Quanto viene percepita, all’estero, la nostra cultura jazzistica? Secondo
te c’è, ad oggi, un’ identità del jazz italiano?

Con rammarico devo dire di no. I musicisti italiani di jazz non sono molto conosciuti all’estero. In Europa ci sono certamente quattro o cinque nomi che sono riconosciuti come musicisti di riferimento del proprio strumento… ma nulla di più.

In Asia e in America ancora meno…

Quello che noi definiamo jazz italiano è in realtà un momento musicale che si è affermato con alcune caratteristiche ben precise tra gli anni 80 e 90 del secolo scorso, ma mi duole affermare che non ha avuto lo sbocco internazionale che avrebbe probabilmente meritato. Al momento, ma potrei certamente sbagliarmi, non vedo un’identità musicale forte ed univoca che si possa definire come uno stile o un linguaggio tipico del jazz italiano.

Tuttavia, questa mancanza di identità non è solo un problema italiano. La rivoluzione dell’editoria digitale ha sconquassato tutti i punti di riferimento, l’aumento delle possibilità di movimento dei musicisti nel mondo ha drasticamente modificato i palinsesti di tutti i festival di jazz. Sembrerebbe che la scena jazzistica internazionale si stia ancora domandando quale direzione deve prendere, e quella italiana appare altresì un po’ disorientata.

Progetti futuri?

No. Non ne ho al momento. Ho un po’ di concerti in programma nei primi mesi del 2019, anche per la promozione di ‘Home Feeling’, in Italia e in Spagna, e probabilmente si concretizzerà in maggio una nuova tournée in Cina e Giappone.

Niente di più. Voglio godermi un po’ l’evoluzione di questo nuovo album, e dedicare tempo allo studio della musica, per cercare il più possibile di tirare fuori la voce che ho dentro.

Vi ricordo che potete ascoltare Home Feeling di Massimiliano Rolff in tutti i migliori
siti di streaming e digital stores!


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