Intervista a Chiara Izzi. Recentemente è uscito il disco Across The Sea a firma di Chiara Izzi e Kevin Hays. Noi abbiamo avuto una lunga chiacchierata con la cantante di questo disco e l’abbiamo sintetizzata in queste righe.
In realtà si tratta di tante righe che noi abbiamo provato a sintetizzare ulteriormente ma, anche, a renderlo … “un libro”?! per chi desidera conoscere BENE questa brava e bella cantante italiana.
Iniziamo parlando del tuo disco...
…anzi del vostro disco: Across The Sea con Kevin Hays. Partiamo, proprio, con il parlare del vostro incontro: come è avvenuto?
Il primissimo incontro con Kevin avvenne a Campobasso, mia città natale dove ho intrapreso gli studi del jazz mai vissuti con così tanto trasporto e concentrazione come in quegli anni. Andavo alla gran parte dei concerti che si organizzavano in città, ma in particolare amavo una rassegna chiamata “Jazz diVino”. Rimase attiva per diversi anni in regione e aveva in cartellone, per la gran parte, musicisti internazionali.
In una delle edizioni di questa rassegna venne a suonare anche Kevin con il suo trio di allora (Doug Weiss al contrabbasso e Bill Stewart alla batteria) per presentare il disco “For Heaven’s sake”. Dopo il concerto mi presentai a lui chiedendogli di autografarmi il disco appena comprato.
Il secondo incontro avvenne molti anni dopo a seguito del mio trasferimento a New York nel 2014.
Cercavo un pianista per fare un concerto in città e mandai un’email a Kevin il quale accettò di suonare insieme. Suonammo due set di musica in un club a Manhattan. Il giorno seguente ricevetti, con mia grande sorpresa, una email da Kevin: mi proponeva di registrare un disco e mi invitava a tenere delle sessions per suonare insieme.
Da allora (circa 4 anni fa) lui ha rivestito i panni di mio mentore e co-leader del progetto discografico “Across The Sea”.
Mai avrei sospettato, da studentessa universitaria, di registrare, un giorno, un disco con Kevin Hays a New York, quasi 10 anni dopo il nostro primo incontro!
Perché Across The Sea?
Cercavamo una title-track che potesse racchiudere il senso della collaborazione tra me e Kevin. Il titolo “Across The Sea” rimanda all’idea di un percorso di attraversamento fisico, temporale, emotivo che può sopraggiungere in maniera multiforme nella vita di ognuno e per diversi motivi, e che ha caratterizzato per entrambi il momento del nostro incontro.
Il testo dell’attuale brano “Across The Sea” è nato inoltre come esperimento di scrittura di un testo sulla melodia di un brano di Kevin che si ispirava ai canti marinari. La forma del testo è rimasta invariata dal brano di Kevin.
In seguito il testo mi ha ispirato una nuova melodia che ha portato la canzone ad abbracciare il tema più autobiografico della lontananza/nostalgia da casa. Ed è così che l’attuale “Across The Sea” si è laboriosamente completata, pur mantenendo la stessa forma musicale del brano di Kevin.
Quale è stato il processo di scelta dei 10 brani?
La seduta di registrazione del disco includeva ben 14 brani, ma alla fine io, Kevin, Jando Music ed Enzo Capua (executive producer del progetto), abbiamo concordato per i 10 brani che si trovano ora nel disco. Il processo di scelta è avvenuto a seguito di un ciclo di sessions tra me e Kevin dove sono avvenuti la scrittura, lo scambio di composizioni e la sperimentazione di testi in diverse lingue, nonché l’esplorazione della dimensione del duo vocale e storytelling.
Quali e quanto sono tuoi, i brani del disco?
Il disco contiene due brani originali da me composti nella musica e nel testo (“Circles of The Mind” e “Across The Sea”). Sono inoltre autrice dei testi del brano “Viaggio Elegiaco” (nuova versione del brano strumentale “Elegia” di Kevin), e di “Verso Il Mare” (la cui musica è stata composta dal contrabbassista Rosario Bonaccorso).
Di cosa parlano i testi?
Ogni brano contiene una storia a sé con tematiche diverse quali il desiderio di cambiamento, il processo di trasformazione umana, il processo di accettazione di perdite e attraversamento di problemi come condizione necessaria per la realizzazione di una vita migliore, la celebrazione dell’amore come forza di contrasto ad ogni tipo di solitudine.
Una a caso, Tierna Nardis?
Si, ci sono diversi brani con tematiche importanti. Primo fra tutti è forse “Tierna Nardis”, versione con testo in spagnolo scritto dalla sassofonista argentina Yanina Lombardi sulla melodia del brano strumentale “Nardis”di Miles Davis.
La canzone tocca il tema scottante dell’immigrazione e racconta la storia di un rifugiato costretto a lasciare la sua amata terra e famiglia (Tierna Nardis). Le parole raccontano del pericoloso nonché doloroso viaggio, dello stato d’ansia e preoccupazione verso le vite dei propri cari costantemente in pericolo. Queste persone vengono descritte come “anime perdute” (Almas perdidas), abbandonate al loro destino.
Due titoli, uno tuo e un altro non tuo, che avresti voluto inserire ma che non ci sono?
In realtà penso che avrei voluto inserire nel disco solo un altro brano che si chiama “Nord” che, come “Viaggio Elegiaco” è una composizione firmata da Kevin (nella musica), e da me (nel testo in italiano), dando testimonianza di un bell’incontro tra le due realtà musicali italiana e americana.
Tante collaborazioni con altri musicisti, tutti stranieri. Spiccano Gregoire Maret e Chris Potter, ci racconti un aneddoto avvenuto con loro durante le session?
Non potrò mai dimenticare il livello di professionalità e caratura musicale di Chris Potter. Arrivò in studio dopo essere atterrato a NY senza mostrare un minimo sintomo di stanchezza. Ho stampate nella mente la velocità con cui è riuscito ad adattarsi alla band, a regalarci musica di eccellente livello sin dalla prima take. Riascoltandosi, con tono di scherzo si scusò con tutti per un piccolo errore (da noi tutti non pervenuto) invitandoci a licenziarlo. Di Grègoire ricordo senz’altro la capacità camaleontica di immedesimarsi immediatamente nello spirito del brano, sembra quasi che avesse letto tutti i testi prima della seduta di registrazione.
Ci dici qualcosa anche sugli altri collaboratori di questo lavoro, musicisti e non musicisti?
Tra i collaboratori va menzionato Enzo Capua. Ha svolto il ruolo di executive producer del progetto, suggerendo alcune interessanti idee quali la scelta di introdurre il corno francese in uno dei brani.
Rosario Bonaccorso con cui ho scritto “ Verso Il Mare “(versione con testo del bellissimo brano strumentale “Mr Kneipp” di Rosario). Yanina Lombardi, mia cara amica e collaboratrice, per quanto riguarda i testi e le interpretazioni in lingua spagnola (nel disco “Tierna Nardis). Riccardo Gola, che ha collaborato al progetto realizzando una copertina accattivante e così perspicace da racchiudere in un’immagine tutti gli elementi chiave del progetto.
Vorrei citare anche Matt Pierson, Chris Allen e il team del Sear Sound Studio che hanno dato un contributo essenziale e prezioso affinché il disco suonasse così bene. Ovviamente, Jando Music e Via Veneto Jazz, senza il cui supporto non sarebbe stato possibile realizzare questo disco.
Parliamo di te
Come e quando hai deciso di diventare una cantante?
A livello cosciente direi che ho preso questa decisione all’età di 17 anni a seguito di un incontro avvenuto con musicisti internazionali durante un workshop in Belgio.
Quella fu la prima volta, dopo nemmeno un anno di studi che feci un viaggio da sola per cantare con musicisti provenienti da tutto il mondo.
Facevo parte di una band chiamata “The Monkey’s” composta da avvenenti studenti e musicisti affamati di musica.
Prima di allora la musica è stata una presenza piuttosto costante a cominciare dalla mia prima performance in pubblico avvenuta ad 8 anni. Non avendo musicisti professionisti in famiglia, la musica non mi è mai stata imposta. Ho scelto di accoglierla approfittando degli stimoli e opportunità esterne che mi sono capitate piuttosto spesso sin da quando ero piccola, il canto ne è stato uno dei primi canali di espressione.
Quale è stato il tuo percorso formativo?
Ho iniziato a cantare sotto consiglio di insegnanti di musica che mi includevano in cori, recite scolastiche affidandomi molto spesso ruoli da solista. A quell’epoca il canto era solo un gioco divertente senza alcuna pretesa. Poi, nella pre-adolescenza…
…ho scelto di studiare il piano classico incontrando una fantastica insegnante (Paola Antinucci) che oltre a farmi scoprire Chopin, Béla Bartok, Bach, mi invitava anche a cantare quelle melodie, e ad allenare l’orecchio con dettati melodici, solfeggi cantati, a riconoscere in dettaglio gli accordi, insomma ad instaurare un rapporto non solo visivo ma sensoriale e più intimo con la musica.
Dopo alcuni anni la turbolenza tipica dell’adolescenza mi ha reso ribelle e poco incline a proseguire con gli studi accademici di ogni tipo. Ma di lì a poco la musica sarebbe tornata a far presto parte della mia vita attraverso l’incontro con un altro insegnante che mi introdusse al presidente di una scuola di musica nella mia città dove cominciai a prendere lezioni di canto e pianoforte.
Non per scelta mi ritrovai in meno di sei mesi a cantare e suonare standard jazzistici, a far parte della mia prima band, a tenere concerti e a fare il mio primo viaggio all’estero grazie alla musica. A seguito di queste prime esperienze concentrate in così poco tempo, e del mio primo confronto con altre realtà musicali estere, sono nati in me il forte desiderio di fare musica a livello professionale e contemporaneamente di viaggiare.
Il percorso è proseguito con concerti su base consistente in Italia, incontri con grandi insegnanti e musicisti quali Diana Torto, Cinzia Spata, Nicola Cordisco, Marco Mancini, Nicola Corso, Marco Tiso, e tanti altri.
Contemporaneamente agli studi musicali ho affiancato quelli universitari laureandomi in Scienze della Comunicazione.
Successivamente il trasferimento a Roma e l’iscrizione al biennio di Jazz al Conservatorio di Frosinone. Per tenermi in costante allenamento e stimolare la mia curiosità non mancavano mie partecipazioni e vincite di concorsi nazionali e internazionali primo fra tutti il Montreux Jazz Festival Vocal Competition, la cui vincita del primo premio, decretata da Quincy Jones, mi ha permesso di dar vita al mio primo album da leader “Motifs”.
E direi che questa esperienza così importante ha sicuramente innescato un nuovo forte desiderio di fare musica all’estero in pianta più stabile, ed è così che ho deciso di trasferirmi a New York.
Perché una cantante di jazz?
Bella domanda, a cui forse non so rispondere esaustivamente. Mi verrebbe da risponderti “non so”, perché onestamente quando ho iniziato a cantare e a fare musica non avevo affatto il desiderio di cantare jazz, mi sono ritrovata in un ambiente formativo orientato verso il jazz, la musica brasiliana e l’improvvisazione.
Quando ho intrapreso gli studi del canto, ho seguito il flusso degli eventi che mi hanno portato a conoscere jazzisti, ad essere inclusa in band di quel tipo, ad esplorare l’improvvisazione.
Ricordo di aver accolto il jazz in maniera strana, impreparata, non ero abituata a quel tipo di ascolto della musica, il mio primo amore di pancia è stato da sempre la musica classica che ho esplorato attraverso il piano.
Il jazz inizialmente lo vivevo come una sfida: riuscire a trascrivere assoli o accordi, essere in grado di cantare temi complicati sfamavano la mia curiosità di capire più in profondità quella musica. Poi gradualmente il jazz e tutta la musica che includesse l’improvvisazione come possibilità espressiva mi ha sempre più appassionato ed è entrata a far parte del mio modo di suonare.
Direi che da quando sono a New York il mio approccio a questa musica si sta sempre più trasformando in ricerca del suono e dei contenuti che sento di voler condividere con il pubblico, affinché si instauri una maggiore corrispondenza tra la mia identità musicale e quella umana.
A dire il vero tutt’ora non so se posso definirmi cantante di jazz, o meglio mi piace definirmi così nella misura in cui questa espressione possa indicare una dimensione canora e performativa più live, del momento, spontanea, istantanea, in questo senso “improvvisata”.
Mi piace parlare di me anche come compositrice e cantautrice perché scrivo musica ma anche testi che affiancano mie melodie o quelle di altri musicisti la cui musica mi tocca particolarmente.
In passato hai ricevuto molti apprezzamenti da vari colleghi musicisti – come quelli di Bobby Watson o di Quincy Jones. Lavori molto all’estero. Cosa vorresti apportare o cambiare nel mondo del jazz italiano?
La vincita del primo premio al Montreux Jazz Festival Vocal Competition assegnatami da Quincy Jones nel 2011, con la successiva registrazione del mio primo album da leader hanno senz’altro innescato il forte desiderio di fare musica all’estero. E’ stata naturale la scelta di trasferirmi a New York, città dove ho continuato ad ampliare le mie collaborazioni e conoscenze con musicisti che stimo enormemente. Tra loro Bobby Waston, Kevin Hays, Leon Parker, Diego Figueiredo, e tanti altri.
Leggevo questa cosa in altre interviste e ora sento anch’io di affermare che, da quando vivo all’estero, apprezzo e capisco molto di più l’enorme importanza che la musica italiana, e aggiungerei la sua storia legata al jazz e non solo, riveste per noi musicisti italiani.
Vivere a New York e suonare all’estero mi hanno fatto capire quanto sia fondamentale per un musicista onorare e conoscere le proprie radici e background culturale di appartenenza per meglio conoscere se stessi e costruire un’identità forte che ha più chance di palesarsi attraverso una musica autentica, e sicuramente apprezzata anche all’estero.
Sempre in passato, hai inciso con Massimo Manzi e Gabriele Pesaresi. Oggi, con quale italiano, potendo, faresti un disco o una jam-session?
Che piacere aver collaborato con Massimo e Gabriele, musicisti eccelsi e persone squisite! Mi piacerebbe molto avere l’opportunità di suonare e, perché no, registrare un disco con Rosario Bonaccorso. Con lui, fortunatamente, ho avuto già occasione di suonare diverse volte. Mi piacerebbe suonare anche con Dario Deidda, Enrico Pieranunzi, Julian Mazzariello, Stefano Di Battista, Javier Girotto, e tanti altri.
Come ti interfacci con il pubblico? Quali sono i tuoi contatti social?
Cerco di stare in contatto con amici, fans e followers in primo luogo attraverso social networks quali Instagram, Facebook, Youtube, il mio sito web. Ho anche una newsletter che condivido con gli iscritti per tenerli sempre aggiornati riguardo a concerti e news rilevanti. Ai concerti adoro socializzare con il pubblico e ricevere il loro feedback, rispondere alle domande.
Hai tante foto di concerti ed esibizioni pubbliche ma quella che ci è piaciuta di più è una che ti ritrae mentre fai gli gnocchi. Chi è Chiara e a cosa aspira?
Ahh ahh ahh! La foto da massaia che mi ritrae a fare gli gnocchi è stata scattata a New York dopo un mio viaggio in Molise dove, come di consueto, vado a trovare mia nonna. Appena rientrata a New York ho iniziato ad impastare per mettere in pratica gli insegnamenti che mi aveva appena trasferito, così da non dimenticare la procedura e gli equilibri tra gli ingredienti. Avrai capito che mi piace mangiare bene, poi adoro fare dolci.
Oltre a questo mi piace circondarmi di persone e affetti che mi ispirano e spronano a dare il meglio di me nella musica e nella vita in generale. Tra le mie aspirazioni ci sono il continuare a viaggiare e raccontare attraverso la musica e ricercare un’unicità espressiva fidandomi dell’intuizione senza aver paura di espormi e fare errori, con l’intento ultimo di instaurare una connessione con chi mi ascolta attraverso sentimenti e valori quali la pace, l’empatia, il coraggio che caratterizzano il tipo di relazioni umane che vorrei creare, mantenere e vedere più spesso nelle persone.
Se siete arrivati a leggere fin qui vuol dire che Chiara vi interessa tantissimo e che noi abbiamo fatto un discreto lavoro nel realizzare un intervista che la faccia conoscere al meglio. Significa, anche, che questo suo lavoro discografico ha un buon appeal musicale e che l’informazione e la conoscenza non si fà solo con una foto ed un titolo ad effetto. Grazie a voi tutti. A Chiara, AD MAIORA!!!
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