La puntata 73 del 7 dicembre 2017
Donne… è arrivato l’arrotino!
Questa era la frase urlata a squarciagola da una delle figure più popolari dell’Italia del passato, appunto: l’arrotino. Una figura presente nelle nostre strade fino ad ieri ed ormai scomparsa.
Ed ora come facciamo a rendere efficienti i nostri… “coltelli”? Chissà se chiamando un… famoso “falegname” possiamo risolvere questa cosa?! Facciamo così, chiamiamolo e… attendiamo la sua venuta.
Nel frattempo, però, proviamo a… tagliare… lo stesso.
Oggi vogliamo provare a rispondere alla famosa domanda “Che cosa è il jazz?” Con presunzione, non abbiamo bisogno di rispondere con la famosa risposta attribuita a Baricco o a qualcun’altro. Con modestia, e consci del nostro limite di conoscenza, vogliamo portare il nostro punto di vista su quello che fino ad ora abbiamo capito di questa musica, di questa cultura.
Abbiamo bisogno, però, di fare una premessa.
In una formazione jazz c’è sempre la figura di un leader. Ma cosa fà e come fà il leader? Il leader è colui che mette insieme la band. E’ colui che, liberamente, sceglie gli elementi, gli uomini, capaci di suonare degli strumenti particolari per suonare la melodia e i ritmi di base da lui scritta, o scelta. Quando si inizia a suonare non è detto che sia il leader a dare il via o a partire con il suo strumento, spesso e qualcun’altro dei componenti la band. Durante l’esecuzione, ogni componente, a turno, ha il suo momento nel quale esprimere le sue doti musicali iniziando ad improvvisare e ad effettuare delle variazioni sul tema principale. Contemporaneamente, la band sostiene il suo assolo continuando a suonare un ritmo discreto e di sottofondo.
A volte, specialmente durante le lunghe esibizioni pubbliche, il leader si allontana dalla band per dare serenità ai solisti del momento. Altre volte si allontana per bere qualcosa, fumare una sigaretta o andare a fare… la pipì.
Un esempio famoso di quello che stiamo scrivendo?
Ogni musicista e componente della band, a partire dal leader, è al servizio della stessa band. Ognuno deve fare il proprio dovere per rendere quella singola esibizione unica, inimitabile e straordinariamente bella. Ognuno di essi ha il desiderio di esibirsi come solista e, nel contempo, da gregario del solista.
Ci sono poi i continui turn-over o le special guest durante le esibizioni live o le registrazioni. Essi sono dettati dal desiderio, dell’umile e grande jazzista, di conoscere ed imparare lo stile del collega, ma anche del suo stato d’animo e della sua coscienza. Già, perché, non dimentichiamolo, ognuno porta con sé non solo il suo bagaglio di conoscenze tecniche ma, anche, la sua esperienza di vita.
Vi ricordate quello che ci ha detto il giovane sassofonista Sam Taylor attraverso l’aforisma di Primo Levi? Clicca qui
Apparentemente, così, il risultato è una musica che delizia i nostri padiglioni auricolari. La sensazione, in apparenza, è una musica che tiene sveglia la nostra mente per permettergli di librarsi sulle emozioni che il solista sta esprimendo con le sue note, insieme a lui. Un “lavoro” mentale ed emotivo che non tutti, e non sempre, siamo capaci di fare. Lo sforzo del singolo diventa collettivo e liberamente condiviso.
Sono poche e semplici le regole sociali tra i musicisti jazz. Forse è per questo che il jazz, sopratutto in Italia, e relegato ad essere suonato in fumosi e angusti locali di coraggiosi imprenditori. Forse è per questo che il jazz è stato, ed è, osteggiato dalle dittature – non perché porta la cultura americana nel mondo. Il jazz è espressione di libertà individuale nel massimo rispetto del vicino. Il jazz non è liberismo.
Il jazz è l’espressione più concreta e vicina a quello che è stato il pensiero utopistico di Tommaso Moro.
Ci fermiamo a scomodare solo Tommaso Moro, santo per la Chiesa Cattolica e martire per la Chiesa Anglicana. Sarebbe esagerato scomodare quel tizio che diceva che, in fondo, a noi uomini bastava una sola regola per vivere bene.
In un paese, in una nazione, piena di regole e di leggi si dà solo spazio ad atti terroristici e di intimidazioni, si dà spazio alla rinascita delle dittature. Dove ci sono troppe leggi si limita l’espressione della gente perbene, la quale sa già che deve fare bene il proprio dovere quotidiano per il bene della comunità. Già questo è un sufficiente impegno politico, sosteneva Vittorio Bachelet.
Ecco, ci siamo spinti oltre la semplice presentazione di un album o di un brano, come tanti sanno già fare. Ci attireremo critiche e semmai un azione dimostrativa da parte di qualche estremista, ma ci sentiremo liberi. A noi, oltre al jazz, piace sognare un mondo reale perfetto, da raccontare e da provare a concretizzare.
Il periodo natalizio
Il periodo delle festività natalizie sarà, per Jazz in family, un periodo di stand-by. Ci limiteremo a proporre delle selezioni jazz a tema con semplice annuncio del brano in ascolto, questo almeno per quanto riguarda l’aspetto radiofonico. Sotto l’aspetto blog sospenderemo la pubblicazione di tutte le rubriche, ad eccezione della TOP JAZZ ALBUM e fatto salvo qualche sporadico caso.
Potete continuare ad ascoltarci il giovedì alle 23,00 sulle radio che trasmettono il programma o qui grazie ai podcast.
Affineremo qualche aspetto delle nostre attività e ci prenderemo, sinceramente, qualche ora di relax. Infine, dobbiamo aspettare anche… il falegname. Provate a chiamarlo anche voi, proviamo ad aspettarlo insieme.
Buon Natale & Felice Anno Nuovo
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