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Metropolis – Marton Juhasz
Etichetta discografica: Unit Records
Data di uscita: 07 febbraio 2025
Il panorama jazz contemporaneo accoglie con interesse l’opera di Marton Juhasz, batterista ungherese di base a Basilea. Juhasz non è un novellino; il suo album del 2017, “Pannon Blue,” ha ricevuto il premio come “Best Hungarian Jazz Album” ai Gramafon Awards. Marton Juhasz, è stato eletto “Drummer of the Year” per due anni consecutivi da JazzMa. La sua carriera lo ha visto esibirsi con nomi illustri del jazz moderno come Gilad Hekselman, Wolfgang Muthspiel e Jorge Rossy. “Metropolis”, il suo ultimo lavoro, si propone come un’audace rilettura del sound fusion anni ’70, arricchita da influenze africane, caraibiche e brasiliane. L’album è un vero e proprio manifesto di “postmodern instrumental groove music”, dove la potenza della batteria di Juhasz si fonde con trame ritmiche complesse e melodie ricercate.
Tradizione Ricerca e Sperimentazione
In un’epoca digitale, dove l’arte è a portata di click, il musicista si interroga sulla rilevanza e l’originalità della musica contemporanea. La risposta, per lui, risiede nell’esplorazione dell’intersezione tra diverse estetiche e tecniche. L’album, come dice lo stesso Juhasz, è nato proprio da questa riflessione: “Come posso creare arte che sia rilevante e lungimirante nel mondo di oggi? È ancora possibile creare musica dal suono decisamente originale?”. La sua risposta è un deciso sì, ottenuto tramite un meticoloso lavoro di ricerca e sperimentazione. La sua idea è partire da un materiale influenzato dalla musica tradizionale africana e dai suoi derivati provenienti dagli USA, dai Caraibi e dal Brasile. Successivamente, esplora tecniche della “New Music” per arrivare a un’orchestrazione tipica del jazz fusion degli anni ’70.
Prima di procedere oltre nell’analisi del lavoro di Juhasz, è essenziale comprendere meglio la sua visione artistica attraverso le sue stesse parole. Ecco l’intervista completa, che fornisce ulteriori dettagli sul suo approccio innovativo e sulla genesi di “Metropolis”.
Intervista a Marton Juhasz
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Il concetto di “groove strumentale postmoderno”
“Lei descrive la sua musica come ‘postmodern instrumental groove.’ Potrebbe approfondire questo concetto e spiegare come si manifesta nel suo album ‘Metropolis,’ e come differisce dal sound fusion degli anni ’70?”
“Uso il termine postmoderno per dire che la musica è stata scritta in un’epoca in cui è sempre più difficile dividere rigorosamente la musica per generi, poiché tutta la musica è sempre più connessa attraverso Internet. Quindi, anche se amo la fusion degli anni ’70, il mio disco è anche un’amalgama dei tanti entusiasmanti sviluppi musicali successivi.”
Come la “New Music” plasma l’improvvisazione
“Nel comunicato stampa, lei menziona l’uso di tecniche di ‘New Music’ e l’influenza della teoria dei grafi nel suo processo compositivo. Potrebbe fornire esempi concreti di come queste tecniche si traducono nella sua musica e come influenzano la sua improvvisazione?”
“Il brano in cui questo entra in gioco è “Radar”. Qui la linea di basso ha un ritmo ripetitivo di 4 battute di tempo in 12/8. La lunghezza delle note del basso è serializzata con la tecnica che ho trovato dove ogni possibile combinazione di 2 note consecutive del basso con 4 lunghezze diverse si trova nel pattern. Le note del basso sono esse stesse un ciclo ripetitivo di 5 note che è distribuito sul ritmo.”
L’equilibrio tra improvvisazione e composizione
“Lei ha espresso interesse per il rapporto tra improvvisazione e composizione. Come cerca di trovare un equilibrio tra questi due aspetti nel suo lavoro, e come affronta la sfida di creare musica che suoni spontanea pur essendo composta?”
“Uno dei modi in cui ho sperimentato è stato quello di scrivere musica in cui i musicisti hanno molta libertà di improvvisare, ma poi, in punti apparentemente casuali, ci sono alcune linee scritte. Poi il divertimento per me deriva dal rendere intenzionalmente il materiale scritto un po’ dirompente per costringere i musicisti ad ascoltarsi a vicenda e a risolvere insieme la tensione. Ad esempio, in Helio, ho intenzionalmente eliminato il basso per alcune delle figure d’insieme perché amo la trama del basso che si insinua di nuovo nel vuoto che era stato creato.”
Strategie per un suono unico e riconoscibile
“Considerando la sua ricerca di originalità in un mondo saturo di informazioni, quali strategie ha adottato per creare un suono unico e identificabile in ‘Metropolis,’ e come il suo approccio personale alla musica contribuisce all’innovazione nella scena jazz contemporanea?”
“Il mio approccio è quello di fare musica fusion ma con la filosofia che qualsiasi stile io stia cercando di combinare devo capirlo a un livello intuitivo. Quindi lavoro per studiare e astrarre la musica che mi parla per vedere cosa le dà carattere. E poi vedere se posso usare queste estetiche come una sorta di pennello largo per esprimermi. Ho usato la parola intuitivo prima perché voglio che le idee si combinino spontaneamente senza che io le forzi. Almeno certamente nella fase di sviluppo della scrittura.”
“Con questo processo è molto eccitante vedere quanto poco a volte ti serve per evocare un’intera eredità musicale – supponendo che l’ascoltatore abbia familiarità con l’ispirazione originale. Quindi a volte è possibile combinare molte estetiche diverse in un singolo passaggio, questo è molto interessante per me.”
“Penso che uno dei modi principali in cui un artista contribuisce sia attraverso la sua prospettiva individuale e il suo punto di vista sulla musica. Man mano che ho sviluppato la mia comprensione e musicalità nel corso degli anni, ho iniziato a fidarmi sempre più delle mie idee perché mi sono reso conto che ciò che forse era diventato banale per me era in realtà molto eccitante per qualcun altro!”
Un Mosaico Sonoro
Il jazz non ha fretta, e a volte non e’ puntuale!
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7 Febbraio 2025
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“Metropolis” si presenta come un lavoro maturo e complesso, in cui ogni brano è un tassello di un mosaico sonoro. Le composizioni sono tutte firmate da Juhasz. “Plato’s Clave”, ad esempio, è descritta come un brano salsa astratto fino all’assurdo. “Radar”, come rivelato nell’intervista, è un esempio di applicazione della teoria dei grafi alla composizione musicale, con una linea di basso che segue un pattern seriale derivato da questa tecnica. “Helio” si pone in un’area grigia tra composizione e improvvisazione, con passaggi in cui il basso viene volutamente omesso per creare un effetto di tensione. Mentre brani come “Ancestral Drift,” “Mr. Busyman” e “Winged Travelers” attingono a piene mani dagli stili musicali africani, “Wren Song” trae ispirazione dal canto dell’uccello brasiliano “wren,” ma con un’interpretazione moderna.
La formazione che ha collaborato alla realizzazione di “Metropolis” è composta da Charley Rose al sassofono, Fabio Gouvea alla chitarra, Lorenzo Vitolo al Fender Rhodes e Jérémie Krüttli al basso. La registrazione è stata effettuata il 13-14 settembre 2023 al Jazzcampus di Basilea da Patrik Zosso. Il mixaggio e il mastering sono stati curati da Sam Barnett. L’artwork di copertina è opera di Pablo Nieto, con design di Stefanie Kunckler. Questo team di professionisti ha contribuito a dare forma al suono unico di “Metropolis”.
Oltre la fusion, verso l’originalità
L’album “Metropolis” è caratterizzato da un suono ricco e variegato, che prende ispirazione dalla fusion degli anni ’70 ma aggiunge un tocco di modernità. Juhasz e il suo gruppo utilizzano una serie di effetti sonori e tecniche particolari per arricchire le composizioni. Ad esempio, si possono notare suoni filtrati che si aprono e si chiudono rapidamente, distorsioni intense, arpeggi rapidi al sassofono e un uso delicato delle dita sulla chitarra. L’uso di effetti di riverbero crea l’impressione di un suono che si espande nello spazio.
In sintesi, “Metropolis” non presenta un suono piatto, ma un paesaggio sonoro dinamico, con molti dettagli e sfumature diverse. Questi effetti contribuiscono a rendere l’ascolto moderno e coinvolgente, elevando l’esperienza dell’ascoltatore. L’obiettivo di Juhasz, infatti, è quello di creare qualcosa di originale e rilevante, combinando diversi stili musicali.
‘Metropolis’ si presenta come un lavoro ambizioso e stimolante, in cui Marton Juhasz affronta la complessa sfida di creare musica originale nell’era digitale. L’album dimostra una profonda conoscenza delle tradizioni jazzistiche e della fusion, ma non si limita a riproporle, cercando di arricchirle con elementi moderni e personali. Sebbene alcuni passaggi possano apparire a tratti eccessivamente complessi, l’intento di esplorare nuove frontiere sonore è innegabile. Questo disco è quindi un punto di partenza promettente per Juhasz, che continua la sua ricerca di un linguaggio musicale unico e riconoscibile, lasciando presagire ulteriori sviluppi nel suo percorso artistico.
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